MURATE VIVE - MARIANNA DE LEYVA E LE
MONACHE DI MONZA
di Bruna K. Midleton
Bonfirraro Editore
162 pagine | 15,90€
Bruna K.
Midleton racconta nel suo ultimo romanzo storico Murate Vive – Marianna De
Leyva e le monache di Monza, pubblicato dalla casa editrice Bonfirraro, la storia di tante
fanciulle – compagne della più famosa Monaca di Monza di manzoniana memoria – “forzate”
al velo claustrale contro la propria volontà e per questo costrette a una vita
piena di tentazioni, sortilegi, privazioni e sacrifici in eterna
contrapposizione tra beatitudine e peccaminosità.
Ancora una volta la Midleton, dopo il
grande successo avuto con il romanzo storico Lucrezia Borgia Giulia Farnese (Bonfirraro
editore - 2017), propone una storia avvincente su una delle più famose vicende
storiche legate al mondo femminile, quello sulle monache di Monza.
In tutte le librerie dall’11 aprile.
Il libro sarà presente anche alla 32° edizione del Salone Internazionale del
libro di Torino presso lo stand della
casa editrice Bonfirraro.
Virginia
Maria (Marianna De Leyva, la monaca di Monza de I promessi sposi del Manzoni)
non era certamente sola nel monastero delle Benedettine/Umiliate di Santa
Margherita, con lei c’erano molte altre fanciulle “forzate” al velo claustrale
contro la propria volontà.
Le vicende che le coinvolsero
s’inquadrano in un microcosmo di sortilegi e malefici, lussuria e pratiche
ascetiche, disciplina e corruzione del clero. Le fanciulle venivano sacrificate
a calcoli d’ambizione e d’interesse, d’avarizia e d’eredità, trasferite dai
sogni dorati dell’adolescenza ai silenzi austeri delle celle, dai nascenti
amori alle privazioni e all’isolamento della clausura, cui si contrapponevano i
fantasmi d’una cupa disperazione, d’un irrefrenabile desiderio, d’una
perversione della natura. Sotto l’abito claustrale si celavano le tentazioni,
s’insinuavano i peccati, si profanavano i corpi e le anime. La follia della
monacazione forzata portava alla perdita della propria identità e alla rinuncia
dei piaceri e delle gioie del mondo, ingenerando spesso ribellione alla
sofferenza, al sacrificio, alle privazioni. L’anima veniva mortificata
nell’esercizio della rassegnazione, nell’annientamento delle inclinazioni
personali e delle ambizioni: pecore in mezzo ai lupi, colombe in mezzo ai
serpenti. Beatitudine e peccaminosità apparivano unite in una combinazione
edificante, in un miscuglio informe di vizi e di virtù umane, nel fascino del
proibito, e poco poteva la lotta per conseguire la liberazione dalle passioni e
l’imperturbabilità dello spirito. Prese al laccio della forzata privazione, fu
“umano”, per le fanciulle nascoste sotto il velo claustrale, assecondare quelle
pulsioni prepotenti che si concentravano in loro stesse e che facevano parte
del loro bagaglio. Dio era lontano e invisibile, la mondanità era vicina, a
portata di mano, a opportunità da cogliere quale espressione del proprio
essere. Su di esse, fatte strumento d’interesse, s’era affermata la prepotenza,
la violenza, l’ingiustizia, costringendole a generare il male contro se stesse,
in un dissidio tra Cielo e Terra, tra verità e confusione. Se la Religione ne
fu oltraggiata, la colpa va ricercata nell’infamia della nobiltà e del potere
civile e religioso arroccato nei propri privilegi e nell’uso ignobile delle
fanciulle. La più vergognosa delle ingiustizie s’era abbattuta sulle monache di
Monza forzate al peccato e alle quali era stata chiesta una tremenda
riparazione alla santità pretesa e violata.
Così si lamentò suor Virginia: “Sono
finalmente uscita dall’inferno… l’inferno di promesse estorte e di vita negata,
l’inferno che mi ha bruciata schiava e serva infelice, l’inferno di una tomba
buia e fredda, l’inferno delle torture, dello strazio del corpo e dell’anima,
l’inferno del silenzio e della disperazione… Monza dimentica le mie passioni e
le mie colpe, non lasciare che l’eco funesto di quei tragici eventi ai quali
sono sopravvissuta possa ricacciarmi all’inferno… Potrò mai trovare pace io,
Marianna De Leyva, Signora di Monza, figlia di Martino usurpatore delle mie
eredità, uomo ingiusto e crudele che ha sacrificato la mia giovinezza ai suoi
interessi e distrutto la mia vita, che mi ha rubato il diritto alla libertà di
volere quello che la natura mi chiedeva, che, nel male, ha segnato la mia
sorte…”.
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