Interpretazione impeccabile quella di Riccardo Bocci al Teatro Brancaccino, domenica 26 gennaio, che al suo pubblico propone alcuni passi tratti da "La tregua" di Primo Levi.
Il romanzo dello scrittore e chimico italiano, seguito di "Se questo è un uomo", è uno dei libri memoria più importanti dell'Olocausto. L'autore ricorda il viaggio di ritorno verso casa, dopo l'abbandono di Auschwitz da parte dei soldati tedeschi in seguito all'arrivo dei sovietici. Un lungo viaggio che gli ha dato modo di conoscere altri sopravvissuti, dei quali racconta la loro storia, affinché resti impressa nella mente di chi legge. Perché è importante ricordare, non dimenticare ciò che è stato.
Riccardo Bocci assume il complicato compito di far rivivere questi passi intrisi di malinconia, ma anche di un velo di comicità. Un palcoscenico nudo, spoglio. Solo l'attore con il suo leggio e uno sfondo che di tanto in tanto si illumina, con delle scritte che anticipano allo spettatore il nome, la persona della quale si sta per raccontare la storia. Di tanto in tanto la lettura viene accompagnata da effetti sonori che riescono a rendere ancora più intensa e appassionante l'interpretazione di Riccardo Bocci.
L'attore romano coinvolge il pubblico presente in sala, lo conduce a una profonda riflessione su ciò che è avvenuto, ciò che hanno vissuto i deportati e ciò che gli aspetta dopo la liberazione. Quella messa in scena da Bocci è un'intima narrazione di vicende umane, di persone che stanno per ricominciare a vivere dopo aver sognato a lungo una vita al di fuori del campo di concentramento. Ma anche di vite spezzate, di coloro che non ce l'hanno fatta e si sono dovuti arrendere prima.
Ma solo dopo molti mesi svanì in me l'abitudine di camminare con lo sguardo fisso al suolo, come per cercarvi qualcosa da mangiare o da intascare presto e vendere per pane.
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