Morte apparente
di Barbara Abel
Leone Editore
432 pagine | 14,90€
Jeanne è in coma da quattro anni a causa di un brutto
incidente. I familiari temono che i medici stiano per arrendersi e staccare le
macchine che la tengono in vita. Tuttavia, una scoperta raccapricciante cambia
le carte in tavola: Jeanne è stata stuprata durante la degenza, e ora è
incinta. La famiglia Mercier deve decidere se mettere a repentaglio la vita
della figlia facendo le portare a termine la gravidanza, o farle abortire il
frutto di quell’atto osceno, andando tuttavia contro i precetti religiosi cui
sono tanto devoti. I suoi genitori e suo marito hanno dieci giorni per decidere
cosa fare, ma prendere questa decisione riporta a galla problemi passati,
sospetti, e conflitti familiari. Vengono a galla tradimenti e bugie, che
porteranno uno dei protagonisti a compiere gesti estremi, e le vite di tutti
saranno irrimediabilmente sconvolte.
Nel letto Jeanne non si muove. Da quattro anni. Non è altro che un corpo inerme e disteso. Lei, la vera Jeanne, quella che animava quell'organismo letargico, quella che dava vita a quell'essere ormai passivo, si è persa da qualche parte nei meandri della sua coscienza. Non si sa bene dove. Lontano in ogni caso. Così lontano che non è capace di ritrovare la strada. La sua mente vaga in un'altra dimensione, in una prospettiva sconosciuta, un mondo inesplorato dal quale non può comunicare. Alcuni dicono che è fuori servizio, altri in stand by. Micheline, invece, pensa che sia andata a farsi un giro. E che ritornerà.
Jeanne è in coma da quattro anni ormai, e la speranza che possa risvegliarsi si affievolisce ogni giorno sempre di più. Intorno a lei girano quattro figure principali. I genitori, Gilbert e Micheline, la sorella Charlotte e il marito Jerome. Tutti e quattro restano sconvolti quando vengono a conoscenza di un fatto terribile: Jeanne è stata violentata ed è ora incinta. Si ritrovano così a dover scegliere se tenere o no il bambino, mettendo a rischio la vita della ragazza, e a scoprire chi è stato a compiere un atto così abominevole.
Partendo da un fatto di cronaca vero, Barbara Abel dà vita a una trama ben strutturata e racconta una storia dolorosa, amara. Attraverso un linguaggio fluido e scorrevole, l’autrice conduce il lettore attraverso le vite ingarbugliate dei personaggi, fatte di segreti e di misteri. Infatti, dietro le apparenze e quella parvenza di perfezione che ci si è creata attorno, si celano in realtà tantissime crepe che prima o poi diventeranno così profonde da non poter essere più nascoste.
Ogni personaggio è ben delineato e ad emergere sono soprattutto
quelle accezioni negative che, pur rendendo il personaggio poco simpatico agli
occhi del lettore, lo rende però reale. Perché Gilbert, Micheline, Charlotte o
Jeanne potremo essere noi, o chiunque conosciamo.
Gilbert è sicuramente colui per il quale si prova più disprezzo. Padre devoto non alla famiglia, ma solo al lavoro. Uomo dal carattere irascibile, a tratti anche insopportabile, che ha come priorità la sua carriera. Micheline, madre di famiglia, è una donna fin troppo remissiva che ha sempre messo al primo posto le volontà del marito e non le sue. Azione sbagliatissima in una coppia, nella quale dovrebbe regnare la parità dei sessi e l’uomo non dovrebbe predominare. Una donna fin troppo provata dalle scelte fatte, fin troppo disillusa dalla vita. Quando si ritrova a prendersi cura della sua Jeanne, ne fa quasi uno scopo nella sua vita.
Charlotte soffre di complessi di inferiorità rispetto alla
sorella, e spesso è portata a provare invidia per lei. Forse è il personaggio
con la quale si prova più empatia: la famiglia sembra non accettarla mai a
pieno, partendo dalla madre che ha sempre avuto una preferenza esplicita per
Jeanne.
Jerome appare spesso combattuto, e non solo da quando
Jeanne è in coma. Già da prima, la coppia era solita a discussioni per
l’eccessiva gelosia di lei e ciò lo porta a dubitare della loro storia più
volte.
Jeanne ci viene presentata solo attraverso i ricordi: è una donna in apparenza forte, che da bambina mostrava un carattere diverso rispetto a quello da adulta, era più timida. E questo cambiamento ha un motivo ben preciso, avvenuto proprio durante la sua adolescenza.
A parte il tema delicato dello stupro, che dà il via alla storia ma non viene
comunque approfondito, solo trattato superficialmente attraverso le
indagini che vengono condotte, un altro tema che mi è sembrato predominare è
quello della maternità e dell’aborto.
Essere madre, mettere al mondo una nuova vita e prendersene
cura, oppure mettere davanti se stessi e le proprie aspirazioni. Benché si
pensi spesso il contrario, la maternità non è sempre al primo posto per una
donna. Ma può anche essere un tema dolente per chi non riesce ad avere figli,
per chi vorrebbe averne e sarebbe disposto a tutto pur di avere un bambino
tutto per sé.
Tutto ciò emerge da queste pagine e viene raccontato
attraverso le drammatiche storie di queste tre donne.
Nonostante un inizio a tratti lento, nel quale ci vengono
presentati i vari personaggi, dopo la notizia dello stupro la storia inizia a
prendere un’altra piega e accelera il ritmo, pur frenandosi bruscamente a
volte, quando si sofferma sui pensieri, sulle paure e sui sentimenti dei
personaggi.
Unica piccola nota storta, il finale che purtroppo mi ha
dato l’idea di essere stato molto frettoloso pur regalando qualche colpo di
scena inaspettato. Non ho condiviso molto la scelta di lasciare poco spazio
alle indagini e il modo sbrigativo con cui esse vengono risolte: sotto questo
punto di vista mi sarei aspettata un’evoluzione diversa.
Ad ogni modo, Barbara Abel si dimostra ancora una grande autrice
quando si tratta di dar voce a drammi familiari.
Morte apparente è un thriller psicologico nel quale predomina il lato drammatico, ed è volto a svelare ciò che si cela dietro una famiglia in apparenza normale. Nessuna famiglia, purtroppo, è perfetta. E la famiglia Mercier nasconde molto, forse anche troppo. Tutti nascondono una ferita che è difficile da far rimarginare e che può far uscire il peggio di sé.
«È di questo che ti devi ricordare, tesoro mio: il non battersi, il non correre rischi, è comunque fare una scelta. E non dimenticarti che, qualunque sorpresa ti riservi la vita...»
Un cameriere passa davanti al loro tavolo, che afferra con un movimento di braccia.
Il conto, per favore!
Poi, tornando sulla figlia, finisce la frase: «...bisogna pagare, a un certo punto».
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